Bagnanti

Nella serie dei Bagnanti, realizzata da Scalia nelle estati del 2005 e del 2006, lo sguardo è affaticato dal sole, accecato dalla luce del meriggio. Immagini di corpi nudi sbiadiscono nel colore-non colore di un dormiveglia paralizzante: pezzi di vita fermati alla deriva di un bagnasciuga senza risacca, quale sospeso e innaturale ultimo approdo per un’umanità derelitta. Un senso generale di immanenza, di appartenenza viva e pulsante a questo mondo, trasuda in superficie e tuttavia, nello spazio asettico della consunzione di un rito di massa, ogni umana presenza sembra come raggelata da un incombente rigor mortis

L’obiettivo della ripresa è ben fermo, l’inquadratura mai lasciata all’occorrenza, la composizione sempre molto equilibrata, attentissima a riscattare il più incongruo dei dettagli ad una centralità della rappresentazione che poggia con piglio indagatore, e insieme con raffinata sensibilità, su una percezione senza filtri né compiaciuti indugi. Così, se la capacità di dialogo con il reale è disarmante, schiacciando sul primo piano della ripresa l’evidenza ‘piena’ di ogni gesto, tratto d’umanità, riflesso di luce o gioco d’ombre, l’oggettività del dato è presto riassorbita da una poesia dei luoghi e delle persone che si pone al di là della realtà stessa. Solo sul piano della iper-realtà dell’arte, d’altronde, possono trovare conciliazione le apparenti contraddizioni dell’azione labile della macchina fotografica, tutto giocata sui rapidi movimenti della palpebra, quando la visione è ormai diventata immaginazione e s’è inabissata nello sprofondo allucinatorio di uno sguardo quasi caduto in trance, atrofizzatosi per la troppa luce cui è stato esposto. Sono gli imprevedibili effetti narcotici del ‘sole nero’, del sole della malinconia e del mal d’essere, di una luce meridiana rastremata al limite della percezione di una lontananza respingente e allo stesso tempo irresistibile. È la scoperta di un’assenza, il sinistro presagio di una fine sempre in agguato, esorcizzata (e quasi erotizzata) in un desiderio di dissolvenza, che è anche antidoto alla minaccia di una scomparsa senza traccia e senza ritorno.

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